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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-14

Marchionne: "Termini chiuderà". Immediati gli scioperi spontanei in Sicilia

La risposta delle organizzazioni dei lavoratori alle parole di Marchionne

A Detroit, l'ad del Lingotto ha confermato che l'auto lascerà il polo siciliano

Fiat, sindacati allo sciopero di gruppo contro la chiusura di Termini Imerese

Il prossimo 3 febbraio lo stop di quattro ore in tutti gli stabilimenti

Scajola convoca per il 29 gennaio il Tavolo dell'Auto

Auto, in Europa vendite ok a dicembre, rallenta la Germania

Gli incentivi spingono il settore a dicembre ma le immatricolazioni calano in Germania e Svizzera. Positivo il 2009 di Fiat che ha raggiunto il miglior risultato dal 2001. Continua la corsa di Ford (+28,3% ) e del gruppo Psa (+25,4%)

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero:

 

 

 

 

AVVENIRE

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2010-01-14

14 Gennaio 2010

FIAT

Marchionne: "La chiusura

di Termini Imerese è irreversibili"

Termini Imerese "non è in grado di competere": la decisione di chiuderlo "è irreversibile". L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, dal palco dell'Automotive News World Congress, ribadisce la posizione del Lingotto e precisa: la Fiat è un'azienda e ha le responsabilità di un'azienda. Non ha le responsabilità di un governo, è il governo che deve governare. "Siamo il maggiore investitore in Italia, ma non abbiamo la responsabilità di governare il paese".

La precisazione è arrivata dopo che una voce di protesta di era alzata dalla platea del convegno affermando: "Fiat-Chrysler una vergogna" per la vertenza dello stabilimento siciliano. Una piccola protesta che interrompe l'intervento di Marchionne per alcuni istanti. Un secondo piccolo episodio avviene al termine del discorso dell'amministratore delegato di Fiat, quando una ragazza sale sul palco e accusa Chrysler agitando lo spettro della morte della madre. Ambedue sono stati allontanati.

Ma Marchionne, oltre alle proteste, incassa gli applausi e le risate della platea. E anche l'appoggio del sindacato dei metalmeccanici americani, lo United Auto Worker: mentre si apprestava a lasciare la sala, l'ad di Chrysler è stato avvicinato da quattro persone con indosso un giubbotto del Uaw e che, a nome dell'intero sindacato, lo hanno ringraziato per il lavoro che sta svolgendo per il rilancio di Chrysler.

Nel corso del suo intervento Marchionne si sofferma sul tema della sovracapacità produttiva: "A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all'anno, circa 30 milioni in più di quante se ne vendono. Un terzo di questo eccesso di capacità si trova in Europa, dove il settore automobilistico resta virtualmente l'unico settore a non aver ancora razionalizzato la produzione. L'Europa lo scorso anno ha utilizzato il 75% della propria capacità, un numero che potrebbe scendere al 65% quest'anno. La ragione è semplice - spiega Marchionne -: i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti. E questo perchè ricevono spesso fondi per non farlo. L'ultima volta che un impianto in Germania è stato chiuso la Seconda Guerra Mondiale doveva ancora iniziare".

I governi europei - spiega - sembrano voler fare "del settore automobilistico l'ultimo bastione del nazionalismo economico del continente". E i motivi alla base di questo atteggiamento potrebbero essere anche "ammirevoli. Tutelare l'occupazione è il primo: è un imperativo di ogni società assicurare che i bisogni umani siano soddisfatti" ma non si possono forzare le industrie a farlo. E inoltre - mette in

evidenza - le aziende "possono farlo solo in modo artificiale".

"Un'altra ragione ugualmente comprensibile è l'orgoglio: l'orgoglio nazionale può essere motivante e virtuoso". Ma, citando Aristotele, Marchionne afferma: "La differenza fra orgoglio e vanità è che una merita gli onori l'altra li riceve. Le società saranno motivo di orgoglio se saranno in grado di stare in piedi sulle loro gambe e competere".

Secondo Marchionne la crisi offre all'industria automobilistica la possibilità di cambiare e ristrutturarsi.

"I segnali di una ripresa macroeconomica, di una stabilizzazione dei redditi e di un ritorno della fiducia dei consumatori sono i benvenuti. Ma la ripresa, Karl Marx mi scusi, è l'oppio delle industrie disfunzionali". Tutto dipenderà dalla scelte che verranno prese: "Possiamo scegliere di diventare un'industria indipendente, forte e in grado di sopravvivere oppure - precisa Marchionne - decidere di adagiarci sulla ripresa mantenendo i nostri profondi e insostenibili difetti strutturali".

"Una crisi che non si traduce in cambiamenti fondamentali, sarà stata senza senso. Questo è il pericolo del momento: la crisi ci ha portato a prendere la strada della ristrutturazione e delle riforme. E se continueremo su questa, sono sicuro che questa strada sarà anche quella della rinascita".

 

 

 

 

 

 

13 Gennaio 2010

LA PROTESTA

Fiat, alta tensione a Termini Imerese

Delusione e indignazione. Sono gli stati d’animo che hanno accompagnato ieri gli scioperi spontanei all’interno dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, dopo le ultime dichiarazioni dell’ad del Lingotto Sergio Marchionne. "La Fiat è una multinazionale e i sindacati devono rendersi conto dell’equilibrio necessario fra domanda e offerta. Nessuno può ignorare la realtà" dichiara a Detroit Marchionne, alla vigilia dello sciopero di otto ore che oggi fermerà la fabbrica siciliana contro la prevista chiusura entro il 2012. "Siamo disposti al confronto – ha ribadito Marchionne – ma non si può ignorare la realtà".

A queste parole gli operai hanno subito incrociato le braccia: nel reparto di montaggi la prima squadra si è fermata dalle 7.30 alle 8.30, la seconda squadra si è fermata alle 9.30, sempre per un’ora. Secondo la Fiom, la protesta si è estesa anche ad altri reparti, in un clima che il sindacato definisce "di tensione".

Il segretario territoriale della Fiom, Roberto Mastrosimone, punta il dito contro Marchionne: "Se l’atmosfera sta diventando pesante la colpa è sua. Il sindacato governerà la protesta ma se la situazione dovesse degenerare sappiamo già di chi è la responsabilità. Marchionne affronta la questione Termini Imerese in modo non veritiero. Parla di equilibrio tra domanda e offerta? Bene, in Italia si producono 600 mila auto e se ne vendono un milione. La Fiat dunque aumenti la produzione, dato che l’Italia è all’ultimo posto in Europa nel rapporto tra produzione-consumi". All’insensibilità e all’arroccamento della Fiat, su Termini Imerese, "replichino all’unisono tutti i lavoratori del gruppo, tutto il mondo sindacale, il governo nazionale, le istituzioni locali, i deputati siciliani, regionali e nazionali" chiede Maurizio Bernava, segretario della Cisl Sicilia. E Vincenzo Comella, segretario della Uilm per la provincia di Palermo, annuncia una presenza massiccia dei lavoratori oggi davanti alla sede dell’Assemblea regionale siciliana, dove è prevista una seduta d’aula sulla vertenza Fiat, come deciso da tutti i capigruppo.

Anche il governatore Raffaele Lombardo reagisce con vigore alle ultime dichiarazione di Marchionne. "Il popolo siciliano – afferma – vuole lasciarsi alle spalle l’assistenzialismo e la mafia. Vogliamo una Sicilia produttiva e non vogliamo nessun aiuto dalla Fiat, ma, al contrario, vogliamo noi aiutare la Fiat. Vogliamo produrre automobili moderne e ad alta tecnologia. Siamo l’unica Regione che è pronta ad investire in totale 400milioni di euro: 200milioni in infrastrutture e 200milioni in innovazione tecnologica. Chiedo al governo italiano di fare quello che hanno fatto i governi federali degli Stati Uniti e della Germania: trattare direttamente e con convinzione per non far chiudere nessuno stabilimento".

 

CORRIERE della SERA

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2010-01-14

CORI E STRISCIONI CONTRO MARCHIONNE E SCAJOLA

Fiat, sciopero dei lavoratori di Termini

Palermo, manifestazione alla sede dell'Ars contro la chiusura dello stabilimento. I sindacati: "Adesione totale"

PALERMO – Per i sindacati l’adesione allo sciopero è stata totale. Con pullman e mezzi privati gli operai di Termini Imerese mercoledì mattina sono arrivati a Palermo per protestare davanti alla sede dell’Assemblea Regionale Siciliana che nel pomeriggio si riunisce in seduta straordinaria per discutere del caso Fiat e formulare proposte che possano scongiurare la chiusura dello stabilimento come più volte annunciato da Sergio Marchionne. Ed è proprio l’amministratore delegato della Fiat uno dei bersagli principali degli oltre mille manifestanti. Davanti al palazzo dell’Ars è stata piazzata una bara in polistirolo con la scritta Fiat e una croce. Poi ci sono gli striscioni con le scritte: "Fiat = furbi-industriali-abbandonano-Termini" e ancora "Marchionne e Scajola cumpari senza parola". Alla protesta hanno aderito anche gli operai di alcune aziende dell’indotto Fiat e i dipendenti dell’Italtel di Carini in cui sono a rischio altri 400 posti di lavoro. Presenti anche diversi rappresentanti sindacali.

I SINDACATI - Per Massimiliano Camparetto, delegato della Fiom-Cgil "sono 40 anni che minacciano di chiudere Termini Imerese. La riconversione non è mai esistita. Ci devono spiegare perché un anno fa si poteva far partire la nuova produzione a Termini ma oggi non è più possibile. Senza risposte chiare siamo pronti allo sciopero a oltranza". Il segretario siciliano della Fiom Giovanna Marano ha annunciato per le prossime ore un incontro a Palazzo Chigi tra una delegazione di lavoratori e i capigruppo alla Camera. E poi ha invitato il governo a "bloccare il provvedimento per la rottamazione". "Davanti all’assenza di soluzioni per Termini Imerese – afferma la Marano - non si può concedere alcuna forma di incentivo statale alla Fiat. È su questo che la politica siciliana e nazionale possono far leva se permane il disimpegno su Termini Imerese". Mentre il segretario della Cisl Maurizio Bernava chiede un tavolo di trattativa col ministro Scajola. "Il salvataggio di Termini Imerese – afferma- è una questione morale per la Fiat che, dopo aver usufruito di incentivi e aiuti deve rilanciare e investire negli stabilimenti dell’Isola". Ma tra i rappresentanti sindacali c’è chi guarda già oltre la Fiat, come il delegato Fiom e leader storico di Termini Imerese Roberto Mastrosimone (ascolta l'audio).

Alfio Sciacca

13 gennaio 2010

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it

2010-01-14

La risposta delle organizzazioni dei lavoratori alle parole di Marchionne

A Detroit, l'ad del Lingotto ha confermato che l'auto lascerà il polo siciliano

Fiat, sindacati allo sciopero di gruppo

contro la chiusura di Termini Imerese

Il prossimo 3 febbraio lo stop di quattro ore in tutti gli stabilimenti

Scajola convoca per il 29 gennaio il Tavolo dell'Auto

Sergio Marchionne

*

Dossier

* FOTO: Pomigliano, patrono con operai

ROMA - I sindacati dei metalmeccanici del gruppo Fiat - Fiom, Fim, Uilm, Fismic e Ugl - hanno deciso uno sciopero di quattro ore di tutti i lavoratori per il prossimo 3 febbraio. La protesta è la reazione alle parole con cui l'amministratore delegato Sergio Marchionne ha confermato da Detroit la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese. Da parte sua, il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola ha convocato per il 29 gennaio il Tavolo dell'Auto per discutere del futuro dell'impianto siciliano.

Il discorso di Marchionne. Termini Imerese, ha affermato Marchionne, "non è in grado di competere" e la decisione di chiudere lo stabilimento siciliano "è irreversibile". Dal palco dell'Automotive News Congress, l'ad ha confermato ancora una volta la posizione del Lingotto sostenendo che la Fiat è un'azienda e ha le responsabilità di un'azienda. Non ha le responsabilità di un governo, è il governo che deve governare. "Siamo il maggiore investitore in Italia, ma non abbiamo la responsabilità di governare il Paese", ha affermato.

Le parole di Marchionne sono arrivate dopo che una voce si era alzata dalla platea del convegno affermando: "Fiat-Chrysler una vergogna" per la vertenza dello stabilimento siciliano e aveva interrotto l'intervento dell'ad per alcuni istanti. Un secondo episodio è avvenuto al termine del discorso dell'amministratore delegato, quando una ragazza ha accusato Chrysler per la morte della madre. Sia il primo contestatore che la ragazza sono stati allontanati.

Ma Marchionne, oltre alle proteste, ha incassato gli applausi e le risate della platea. E anche l'appoggio del sindacato dei metalmeccanici americani, lo United Auto Worker: mentre si apprestava a lasciare la sala, l'ad di Chrysler è stato avvicinato da quattro persone con indosso un giubbotto del Uaw e che, a nome dell'intero sindacato, lo hanno ringraziato per il lavoro che sta svolgendo per il rilancio di Chrysler.

 

Le reazioni dei sindacati. Per il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, le dichiarazioni di Marchionne sono di "un'arroganza intollerabile".

Duro anche il leader della Cisl, Raffaele Bonanni: "Quando un'azienda non si rifa alle regole di mercato e chiede soldi al pubblico, è interesse pubblico richiedere il salvataggio intero di un sito industriale. Non ci sono regole di mercato a metà".

Da parte sua, il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, sostiene che la Fiat nella fabbrica siciliana dovrebbe produrre componenti.

Lo sciopero del 3 febbraio, affermano Fim, Fiom, Uilm e Fismic, è la prima iniziativa nei confronti della Fiat e del governo "allo scopo di rilanciare il settore automotive nel nostro Paese". I sindacati ribadiscono che "non sono accettabili chiusure o ridimensionamenti di stabilimenti" e chiedono alla Fiat "di cambiare rotta nelle relazioni sindacali", preannunciando altre iniziative di lotta. Sempre per il 3 febbraio ha proclamato lo sciopero del gruppo la segreteria nazionale dell'Ugl.

Scajola. "Resto convinto che Termini Imerese debba rimanere un polo industriale - ha affermato il ministro - e che possa continuare a operare nell'ambito dell'automotive. Stiamo lavorando con Fiat e con gli altri possibili soggetti interessati per garantire un futuro all'area". Il ministro ha nominato una task force tecnica con il compito di analizzare la situazione dello stabilimento siciliano e di valutare le diverse proposte. E ha scritto al neo commissario europeo per l'Industria, Antonio Tajani, per sollecitare la convocazione di una riunione dei ministri dell'Industria europei sulla situazione del settore automobilistico.

(14 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

Europa, vola il mercato

A dicembre vendite a +16%

Il consuntivo dell’intero 2009 chiude così a quota 13.632.918 immatricolazioni con una crescita dello 0,5% sul 2008, che è sicuramente contenuta, ma molto significativa dati i tempi

Gli incentivi, si sa, funzionano: l'ultima conferma arriva dai dati di vendita dell'intero 2009 sul mercato europeo dove si è registrato una sostanziale tenuta delle vendite grazie a un dicembre spumeggiante che ha fatto segnare un aumento delle immatricolazioni del +16% (il dato comprende i 27 paesi della ue più i membri Efta). In questo contesto le vendite del gruppo Fiat sono salite del 20,2%, così a dicembre la quota di mercato è salita all'8% dal 7,7% del corrispondente mese dello scorso anno. Per l'intero 2009, Fiat ha aumentato la quota di mercato all'8,7% dall'8% del 2008.

"Anche il mercato dell?auto europeo come quello italiano - commentano al Centro Studi Promotor - ha chiuso il 2009 molto meglio di come lo aveva cominciato. Nei diciotto Paesi dell?Europa Occidentale le immatricolazioni avevano subito un calo del 26,5% in gennaio e del 17,3% in febbraio e quindi cali via via più contenuti che hanno lasciato poi spazio a una ripresa di mese in mese sempre più forte. Il consuntivo dell?intero 2009 chiude così a quota 13.632.918 immatricolazioni con una crescita dello 0,5% sul 2008, che è sicuramente contenuta, ma molto significativa dati i tempi. Di segno decisamente opposto invece il risultato dei Paesi nuovi membri della UE che, complessivamente considerati, hanno fatto registrare nel 2009 una contrazione delle immatricolazioni del 26,6%".

Naturalmente anche i consuntivi dei singoli Paesi sono legati alla precocità e al peso degli incentivi adottati. Il mercato tedesco chiude così il 2009 con una crescita sull?anno precedente del 23,2%. Quello francese fa registrare un incremento del 10,7%. Il mercato Italiano, per effetto di un intervento non del tutto tempestivo, riesce a chiudere soltanto in sostanziale pareggio e i mercati di Spagna e Regno Unito chiudono il 2009 con perdite rispettivamente del 17,9% e del 6,4%, perdite, queste ultime, che sono comunque molto minori di quelle registrate nella prima parte del 2009. L?impatto degli incentivi è molto chiaro anche analizzando la graduatoria delle vendite per marche. Le crescite più rilevanti riguardano infatti i gruppi che hanno nella loro gamma un numero significativo di modelli che hanno beneficiato degli incentivi. Nell?intero 2009 il gruppo che consegue il più forte incremento sul 2008 è Fiat (+6,3%), seguito da Renault (+3,9%), da Ford (+2%) e da Volkswagen (+0,7%).

(15 gennaio 2010)

 

 

 

 

 

 

 

A Detroit, l'ad dell'azienda torinese ribadisce la posizione sullo stabilimento

siciliano. Due piccole contestazioni e anche applausi durante il suo discorso

"La chiusura di Termini è irreversibile"

Marchionne: "Fiat azienda non governo"

Ha parlato della "sovracapacità" produttiva del settore automobilistico

Sergio Marchionne

DETROIT - Termini Imerese "non è in grado di competere": la decisione di chiudere lo stabilimento siciliano "è irreversibile". Dal palco dell'Automotive News Congress l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, ribadisce la posizione del Lingotto e precisa: la Fiat è un'azienda e ha le responsabilità di un'azienda. Non ha le responsabilità di un governo, è il governo che deve governare. "Siamo il maggiore investitore in Italia, ma non abbiamo la responsabilità di governare il paese".

La precisazione è arrivata dopo che una voce di protesta di era alzata dalla platea del convegno affermando: "Fiat-Chrysler una vergogna" per la vertenza dello stabilimento siciliano. Una piccola protesta che interrompe l'intervento di Marchionne per alcuni istanti. Un secondo episodio avviene al termine del discorso dell'amministratore delegato di Fiat, quando una ragazza sale sul palco e accusa Chrysler agitando lo spettro della morte della madre. Sia il primo contestatore che la ragazza sono stati allontanati.

Ma Marchionne, oltre alle proteste, incassa gli applausi e le risate della platea. E anche l'appoggio del sindacato dei metalmeccanici americani, lo United Auto Worker: mentre si apprestava a lasciare la sala, l'ad di Chrysler è stato avvicinato da quattro persone con indosso un giubbotto del Uaw e che, a nome dell'intero sindacato, lo hanno ringraziato per il lavoro che sta svolgendo per il rilancio di Chrysler.

Nel corso del suo intervento Marchionne si sofferma sul tema della sovracapacità produttiva del settore dell'auto: "A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all'anno, 30 milioni in più di quante se ne vendono. Un terzo di questo eccesso di capacità si trova in Europa, dove il settore automobilistico resta virtualmente l'unico settore a non aver ancora razionalizzato la produzione. L'Europa lo scorso anno ha utilizzato il 75% della propria capacità, una quota che potrebbe scendere al 65% quest'anno. La ragione è semplice - spiega Marchionne -: i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti. E questo perchè ricevono spesso fondi per non farlo. L'ultima volta che un impianto in Germania è stato chiuso la Seconda Guerra Mondiale doveva ancora iniziare".

 

I governi europei - spiega - sembrano voler fare "del settore automobilistico l'ultimo bastione del nazionalismo economico del continente". E i motivi alla base di questo atteggiamento potrebbero essere anche "ammirevoli. Tutelare l'occupazione è il primo: è un imperativo di ogni società assicurare che i bisogni umani siano soddisfatti" ma non si possono forzare le industrie a farlo. E inoltre - mette in evidenza - le aziende "possono farlo solo in modo artificiale". "Un'altra ragione ugualmente comprensibile è l'orgoglio: l'orgoglio nazionale può essere motivante e virtuoso". Ma, citando Aristotele, Marchionne afferma: "La differenza fra orgoglio e vanità è che una merita gli onori l'altra li riceve. Le società saranno motivo di orgoglio se saranno in grado di stare in piedi sulle loro gambe e competere".

Secondo Marchionne la crisi offre all'industria automobilistica la possibilità di cambiare e ristrutturarsi.

"I segnali di una ripresa macroeconomica, di una stabilizzazione dei redditi e di un ritorno della fiducia dei consumatori sono i benvenuti. Ma la ripresa, Karl Marx mi scusi, è l'oppio delle industrie disfunzionali". Tutto dipenderà dalla scelte che verranno prese: "Possiamo scegliere di diventare un'industria indipendente, forte e in grado di sopravvivere oppure - precisa Marchionne - decidere di adagiarci sulla ripresa mantenendo i nostri profondi e insostenibili difetti strutturali". "Una crisi che non si traduce in cambiamenti fondamentali, sarà stata senza senso. Questo è il pericolo del momento: la crisi ci ha portato a prendere la strada della ristrutturazione e delle riforme. E se continueremo su questa, sono sicuro che questa strada sarà anche quella della rinascita".

(14 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

 

 

 

 

 

 

Adesione pressoché totale alla protesta indetta dai sindacati

Le tute blu manifestano a Palermo davanti a Palazzo dei Normanni

Termini Imerese, fabbrica ferma

per lo sciopero dei lavoratori

I cancelli di Termini Imerese

TERMINI IMERESE (Palermo) - Produzione ferma nello stabilimento della Fiat a Termini Imerese, per lo sciopero dei lavoratori. Secondo la Fiom, l'adesione degli operai è totale. I lavoratori protestano contro la decisione della Fiat di non produrre più auto nella fabbrica siciliana, a partire dal 2012. I sindacati confederali chiedono il mantenimento della produzione di auto e la salvaguardia dei posti di lavoro. Alla Fiat di Termini Imerese lavorano 1.350 persone e altre 600 sono occupate nelle aziende dell'indotto.

Non bastano i pullman. I delegati di Fim, Fiom e Uilm dalle 5 di questa mattina pressidiano i cancelli della fabbrica, "ma nessuno è entrato", ha affermato il segretario territoriale della Fiom, Roberto Mastrosimone. Le tute blu, a bordo di sei pullman, hanno raggiunto Palermo per un presidio davanti Palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea regionale siciliana, che oggi pomeriggio si riunirà in seduta straordinaria proprio per affrontare il caso Fiat.

Ma sono troppi gli operai della Fiat e dell'indotto che vogliano recarsi a Palermo per manifestare, tanto che i pullman organizzati da Fim Fiom e Uilm sembrano non bastare. Un fuori programma, che sta facendo rallentare la macchina organizzativa, ma che soddisfa i sindacati dei metalmeccanici che giudicano "un successo" l'adesione allo sciopero di otto ore.

Lombardo da che parte sta? "I soldi pubblici non sono caramelle. Lombardo chieda a Scajola di mettere Marchionne spalle al muro. Il presidente della Regione decida da che parte stare: con i lavoratori, che in queste ore stanno scioperando e a cui va tutta la solidarietà, oppure con chi li abbandona al suo destino". E' quanto afferma in una nota Riccardo Messina, segretario del PdCI-Federazione della sinistra di Palermo.

 

"Se muore Termini Imerese muore una certezza che dà lavoro a migliaia di persone e si spegne una speranza, quella di tante famiglie monoreddito che non reggerebbero l'urto della disoccupazione e dell'impoverimento sociale - conclude Messina - Il presidente della Regione è titolato ad intervenire: da lui servono fatti e non parole".

Una bara con dentro la Fiat. Intanto, alcuni manifestanti hanno fatto esplodere numerosi petardi in piazza del Parlamento a Palermo, davanti alla sede dell'Assemblea regionale. Alcuni striscioni sono stati appesi sulle transenne dove si possono leggere slogan come "Riconversione industriale = chiusura totale"; "Marchionne e Scajola cumpari senza parola"; "90 parlamentari del Sud saranno capaci di salvare il futuro di 2500 famiglie?"; "Fiat come acronimo di Furbi Industriali Abbandonano Termini". Sempre sulle transenne alcuni operai hanno collocato una bara in polistirolo con la scritta Fiat e il simbolo di una croce.

L'intransigenza di Marchionne. "Noi ci aspettiamo che la politica siciliana chieda coraggiosamente al governo nazionale di bloccare gli incentivi alla rottamazione, non si può dare un aiuto a un'azienda come la Fiat che fa pagare un prezzo sociale così alto", ha detto la segretario regionale della Fiom Cgil Giovanna Marano, tra i tanti sindacalisti che partecipano alla manifestazione. "Il comportamento di Marchionne nelle ultime ore - ha aggiunto - ci induce a pensare che qualcosa non funziona, anche a Palazzo Chigi. Speravamo che la Chrysler, ad operazione conclusa, diventasse un'azienda italiana. Invece, è la Fiat ad essere diventata un'impresa americana. Lo dimostra l'ostinata strategia dell'amministratore delegato della Fiat".

No soluzioni? No incentivi. La Marano ha poi aggiunto: "Per scongiurare una scelta drammatica per migliaia di lavoratori -aggiunge - oggi chiediamo alla politica siciliana di assumere una posizione di intransigenza con il governo nazionale perchè venga bloccato il provvedimento per la rottamazione. In assenza di soluzioni per Termini Imerese non si può concedere alcuna forma di incentivo statale. E' su questo che la politica siciliana e nazionale possono fare leva. Se permane il disimpegno su Termini Imerese ribadito con forza nelle ultime ore si richiami la Fiat al tavolo di trattative a Palazzo Chigi per sancire le mutate condizioni del governo".

La lotta si estende in tutta Italia. "Domani con Fim e Uilm decideremo in modo unitario le iniziative di lotta a livello nazionale contro il piano industriale della Fiat e la chiusura di Termini Imerese, che non è una vertenza locale perchè la fine della fabbrica siciliana avrà gravi ripercussioni per gli stabilimenti di Cassino, Pomigliano, Mirafiori e per chi produce i motori". Lo dice il responsabile della Fiom per il settore auto, Enzo Masini, che sta partecipando alla manifestazione dei lavoratori della Fiat a Palermo. "Il piano di Marchionne ha un impatto generale sul gruppo - aggiunge Masini e dunque l'interesse a difendere gli stabilimenti, a cominciare da Termini Imerese, deve essere generale". Domani la Fiom rilancerà al tavolo sindacale unitario la proposta di uno sciopero di otto ore nel gruppo Fiat; ieri la Uilm ha proposto 2 ore.

(13 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

L'UNITA'

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2010-01-14

Marchionne: "Termini chiuderà". Immediati gli scioperi spontanei in Sicilia

I metalcammenici della Fiat di Termini Imerese hanno attuato questa mattina scioperi spontanei in risposta alle dichiarazioni dell'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, che da Detroit ha definito inevitabile la chiusura dello stabilimento siciliano e ha invitato i sindacati ad "accettare la realtà". Alcune squadre di operai hanno interrotto il lavoro.

Centinaia di operai sono scesi in in piazza a Palermo e si sono subito recati davanti alla sede dell'Assemblea regionale siciliana, contro i piani del Lingotto che vuole chiudere lo stabilimento siciliano alla fine dell'anno prossimo. Già dalle nove circa 150 metalmeccanici, anche di aziende dell'indotto, hanno iniziato il presidio, in attesa di essere raggiunti dai 400 colleghi partiti a bordo di 8 pullman dal piazzale della fabbrica automobilistica.

Alla manifestazione si sono uniti anche decine di lavoratori della Italtel di Carini, alle porte di Palermo, pure a rischio di chiusura nell'ambito di un piano aziendale che prevede 400 esuberi. "Sono 40 anni -ha detto Massimiliano Comparetto, delegato sindacale Fiom Cgil, in piazza con i suoi compagni- che minacciano di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese. La riconversione non è mai esistita. Si è trattato soltanto di una chiusura camuffata. Oggi ci devono spiegare perchè un anno fa si poteva far partire la nuova produzione a Termini ma oggi non è più possibile. Se oggi non otterremo risposte, faremo uno sciopero a oltranza".

Non sono mancate reazioni politiche. "Di quale realtà parla Marchionne? - si è chiesto il senatore del Pd Giuseppe Lumia, - Come mai fino ad un anno e mezzo fa la fiat considerava lo stabilimento di Termini Imerese un importante polo produttivo da rilanciare con il famoso Piano A? Perchè il governo, al contrario di quanto è avvenuto nei più grandi Paesi industrializzati, continua a rimanere inerte e a subire in silenzio?". Lumia attacca: "È una menzogna affermare che lo stabilimento di Termini Imerese va chiuso perchè non è conveniente. Qui, infatti, ci sono le infrastrutture, c'è un buon indotto. Termini Imerese si trova nel cuore del Mediterraneo, dove nei prossimi anni si prevede un'espansione dei mercati grazie anche alla nascita dell'area di libero scambio. Perchè la Fiat si ostina a trasportare le automobili da Catania? Se la Fiat utilizzasse il porto di Termini Imerese abbatterebbe i costi del trasporto ritenuti da Marchionne il vero differenziale che rende lo stabilimento siciliano sconveniente. Inoltre la Regione ha messo a disposizione un'ingente quantità di risorse da investire per un'innovazione tecnologica e produttiva d'avanguardia. I governi di tutto il mondo -conclude il senatore del Pd- hanno svolto un ruolo da protagonisti ponendo condizioni e vincoli per salvare i propri stabilimenti nazionali. Il nostro, invece, si accinge a concedere, attraverso gli ecoincentivi, l'ennesimo finanziamento pubblico a "fondo perduto"".

12 gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2010-01-15

Auto, in Europa vendite ok a dicembre, rallenta la Germania

Gli incentivi spingono il settore a dicembre ma le immatricolazioni calano in Germania e Svizzera. Positivo il 2009 di Fiat che ha raggiunto il miglior risultato dal 2001. Continua la corsa di Ford (+28,3% ) e del gruppo Psa (+25,4%)

 

 

 

 

2010-01-14

Per la Sicilia sei progetti in cerca d'autore

di Franco Locatelli

13 gennaio 2010

Marchionne, folle riabilitare Termini

Ipotesi per il futuro

L'economia regionale

Storie di innovazione e ricerca delle aziende che vogliono ricominciare

LE VOSTRE STORIE AZIENDALI / Raccontateci le esperienze di innovazione e ricerca

Crea il tuo origami

Riconvertirsi o perire. Piccole, medie o grandi imprese, ricerca, innovazione, capacità di competere: la realtà che Start up Italia, la grande inchiesta che Il Sole 24 Ore ha avviato da giovedì scorso, sta portando alla luce è quella di un paese che ricomincia, che riparte e che fa della più impressionante crisi economica e finanziaria degli ultimi ottant'anni un'occasione straordinaria per rialzarsi. Con una doppia consapevolezza: che nulla sarà più come prima e che per anni la ripresa che ci attende sarà pallida e debole.

In questo l'Italia è avvantaggiata, perché noi siamo maestri nell'affrontare l'emergenza e il paese che lavora e che produce è lontano mille miglia ed è infinitamente migliore dell'Italia ufficiale. Tutto vero e tutto giusto ma c'è un però e c'è una verità scomoda che è meglio guardare in faccia e con cui bisogna fare i conti: le tante iniziative dell'Italia che stiamo raccontando e che continueremo a raccontare sono tutte bellissime, scaldano il cuore e accendono le speranze, ma il vero salto di qualità l'Italia lo fa se vince le scommesse proibitive e se risolve i casi-simbolo e i test di frontiera con colpi d'ala al limite dell'impossibile. Uno per tutti: lo stabilimento di Termini Imerese, nato nel '68 come SicilFiat ed entrato a far parte a pieno titolo del gruppo Fiat esattamente quarant'anni fa, è dentro o fuori Start up Italia? Il paese riparte con un grande polo industriale in meno o anche nel Mezzogiorno fare industria e fare impresa è possibile e lo è senza pagare il pizzo e senza imboccare le scorciatoie dell'assistenzialismo?

È questo che fa davvero la differenza, ma diciamo la verità: con o senza la Fiat, oggi l'impianto di Termini Imerese non è in Start up Italia. Ma può ancora entrarci e forse un giorno ci entrerà. Per ora è quasi un sogno o, se volete, una scommessa pensare che in Sicilia, nella regione a più bassa intensità manifatturiera del Mezzogiorno, c'è uno stabilimento industriale di rilevanti dimensioni (1.400 dipendenti che producono in due turni 380 vetture al giorno in un'area di 414mila metri quadrati) che non solo sopravvive alla crisi ma che sta in piedi e va avanti con le sue gambe. Eppure è una partita ancora tutta da giocare, che si può vincere e che non parte da zero.

Diseconomie con cui fare i conti

Della decisione della Fiat di rompere il vaso di Pandora di Termini Imerese si può pensare quel che si vuole ma un merito va riconosciuto a Sergio Marchionne: quello di aver infranto il muro dell'ipocrisia e di aver dato la parola non ai pregiudizi ma ai numeri, sapendo che dietro i calcoli più sofisticati ci sono sempre persone in carne e ossa e che di questo bisogna tener conto. Non è responsabilità dei lavoratori di Termini, di cui tutti riconoscono la qualificazione professionale, ma se produrre l'auto nello stabilimento siciliano costa all'azienda mille euro in più a vettura che produrla nella fabbrica polacca di Tichy il problema c'è e non è nemmeno nuovo. Colpa di un indotto industriale che attorno a Termini non è mai decollato e che obbliga lo stabilimento siciliano a far venire da fuori motori, componentistica elettronica, lamierati. Colpa della logistica e dei trasporti che rendono insostenibili e antieconomici i costi di produzione. E colpa del contesto socio-economico che sta attorno a Termini e che genera diseconomie finora insuperate.

È una realtà sgradevole ma non si può nascondere la testa sotto la sabbia. Del resto, non è la prima volta che il destino di Termini Imerese sale alla ribalta e la Fiat sollevò la questione già negli incontri di Palazzo Chigi nel 2002 quando la casa torinese sembrava sull'orlo del fallimento. Poi alla guida del Lingotto è arrivato Marchionne e ha fatto il miracolo ma nemmeno il vulcanico amministratore delegato della Fiat può moltiplicare pani e pesci. Oggi però una novità, anche se amara, c'è: stavolta non si parlerà dell'emergenza di Termini Imerese per mettersi a posto con la coscienza e poi riporre la pratica nel cassetto, ma per risolverla.

La soluzione non è dietro l'angolo: Torino è pronta a cedere l'impianto anche alla concorrenza (come cambiano i tempi e le filosofie rispetto ai tempi della battaglia per la privatizzazione dell'Alfa...) perché non crede più nella sostenibilità economica dell'auto a Termini. Prima sembrava che a sostituire il Lingotto arrivassero i cinesi, poi gli indiani e da ultimo è affiorato il fondo di private equity Cape Natixis di Simone Cimino con il suo progetto di sunny car: prepariamoci a una raffica di annunci e di colpi di scena tutti da verificare, ma di sicure ci sono solo due cose.

La prima è che la gestione di un impianto del calibro di Termini non si improvvisa e che raggiungere l'equilibrio economico non è un gioco da ragazzi, ma l'altra è che la peggiore delle soluzioni possibili sarebbe quella di tenere in vita lo stabilimento solo artificialmente e cioè con i sussidi, pagati da tutti noi e a fondo perduto, dello stato o della regione Sicilia. Se nell'isola fosse impossibile continuare a produrre auto sotto un altro marchio e senza perdere un mare di soldi, meglio allora sarebbe esplorare la seconda delle ipotesi messe in campo dalla Fiat: la disponibilità di Torino a studiare e a collaborare alla riconversione industriale di Termini per produrre qualcos'altro, che ancora nessuno e nemmeno Marchionne sa cosa sia, ma che può avere futuro solo se sta economicamente in piedi.

Ammesso che ciò sia praticabile, è evidente che non sarà un'impresa facile, ma non si parte da zero. Non siamo ancora allo Start up Italia ma qualche idea circola già anche se finora non è ancora venuta alla luce. Sul tavolo ci sono almeno sei progetti allo stato primordiale e in Sicilia ci sono almeno sette centri di ricerca pronti a scendere in campo e a dare una mano. Ma andando in quali direzioni e per fare che cosa?

"In realtà – spiega l'economista industriale Riccardo Gallo, che in passato è stato direttore generale del ministero del Bilancio, vicepresidente dell'Iri e fino a qualche mese fa presidente dell'Ipi, l'agenzia del ministero dello Sviluppo economico per la promozione industriale – a disposizione delle istituzioni e delle imprese c'è già il progetto Resint (Rete siciliana per l'innovazione tecnologica: www.resintsicilia.net), che è stato realizzato in associazione dall'Unioncamere Sicilia, dal Censis e dallo stesso Ipi, e che ha condotto un censimento a tappeto sulle esigenze delle piccole e medie imprese dell'Isola e sulle potenzialità scientifiche locali con l'obiettivo del trasferimento di tecnologie alle aziende più piccole. La rete Resint ha censito ben 180 strutture di ricerca presenti in Sicilia e ha individuato 120 tecnologie richieste dalla aziende siciliane. Questo lavoro – sostiene Gallo – può essere molto utile per Termini Imerese perché permette di intrecciare in tempi ragionevoli domanda e offerta di tecnologie disponibili secondo progetti attivabili in loco".

Se si restringe l'analisi dei dati Resint alle lavorazioni meccaniche effettuate nella fabbrica dell'auto, per Termini Imerese si scopre la possibilità di implementare almeno sei progetti industriali in grado di rispondere alla domanda di tecnologie avanzata dalle pmi siciliane. Che cosa si potrebbe dunque fare nell'attuale stabilimento Fiat in alternativa all'auto che Torino non considera economicamente sostenibile? I principali progetti possibili che emergono dall'indagine Resint sono sei e sono finalizzati a:

1) creare sistemi di automazione, robotica e informatica per supportare la gestione del magazzino della fabbrica di Termini e per minimizzare le diseconomie insite nella lontananza territoriale delle aziende specializzate;

2) attivare strutture capaci di fare test di validazione su nuovi prodotti e processi produttivi anche in questo capaci di minimizzare gli svantaggi della lontananza territoriale;

3) sviluppare un'offerta locale di macchine industriali concepite per la specifica realtà siciliana e più adatte di quelle del nord che oggi vengono utilizzate nell'isola ma che risultano poco adeguate alle esigenze di raccolta di uva e agrumi;

4) attivare tecnologie e macchine per trattare il pescato, dalla eliminazione della lisca alla salatura;

5) organizzare competenze tecnologiche per la progettazione, il design, la prototipazione virtuale per la produzione nautica, settore nel quale in Sicilia sono in corso rilevanti investimenti ma scarseggia il relativo know how tecnologico;

6) realizzare macchinari per la lavorazione dei materiali non metallici (lapidei) con l'occhio soprattutto alle esigenze della Sicilia occidentale.

Le competenze da coinvolgere

"Il censimento di Resint ci offre un'altra opportunità e ci dice – rileva Gallo – che questi progetti possono essere attivati sfruttando le competenze e l'esperienza di centri di ricerca collaudati e presenti sull'Isola". Tra quelli indicati dall'indagine ce ne sono in particolare sette che sembrano particolarmente attrezzati per disegnare il futuro industriale di Termini: a) quattro dell'università di Palermo e cioè il dipartimento di meccanica, il centro interdipartimentale tecnologie della conoscenza, l'istituto di studi sui sistemi intelligenti per l'automazione e il dipartimento di design; b) due dell'università di Catania: il dipartimento di ingegneria industriale e meccanica e il dipartimento di ingegneria elettronica e dei sistemi; c) l'istituto di tecnologie avanzate per l'energia del Cnr di Messina.

Ovviamente per far decollare queste idee-progetti e attivare queste competenze occorre evitare scorciatoie assistenzialistiche e prevedere piani di formazione e anche di mobilità territoriale per i lavoratori di Termini Imerese. "Però – è la conclusione dell'ex presidente dell'Ipi – un'impostazione di politica industriale come quella suggerita dal progetto Resint avrebbe il pregio di essere bottom up, cioè pensata e plasmata dal basso e dunque rispettosa delle peculiarità socio-territoriali senza le forzature centralistiche e antistoriche di un tavolo politico-sindacale romano che in questa situazione non può fare granché".

Il progetto Resint è una cosa seria e Riccardo Gallo è un economista industriale di comprovata esperienza ma per riconvertire un impianto del peso e delle dimensioni di Termini Imerese basta una cordata siciliana e basta far leva sulle iniziative, sulle competenze e sulle energie locali? I dubbi non mancano, i pareri sono discordi ma la discussione è aperta. Perfino un alfiere dello sviluppo locale come Carlo Trigilia, ordinario di sociologia economica al Cesare Alfieri di Firenze e presidente della Fondazione Res–Istituto di ricerca su economia e società in Sicilia che ha appena diffuso il suo primo rapporto intitolato Remare controcorrente e dedicato a imprese e territori dell'innovazione in Sicilia, mette le mani avanti: "Immaginare che Termini Imerese entri nel club Start up Italia – osserva Trigilia – non è un'eresia, ma è una scommessa troppo grossa perché si possa vincere solo localmente. Le forze imprenditoriali e le competenze siciliane sono una buona base di partenza, ma senza il sostegno di un grande gruppo industriale non si va lontano. Serve la spinta locale e la sponda nazionale e globale. Prima di rinunciare all'automotive esplorerei tutte le possibilità esistenti, non escluse le competenze e le tecnologie presenti nel gruppo Fiat per le macchine agricole e i loro possibili collegamenti con l'agro-industria siciliano. Se tutto ciò si rivelasse irrealizzabile e prima di rassegnarsi ad abbandonare la partita, sarebbe altamente apprezzabile se la Fiat facesse un altro passo avanti e presentasse essa stessa un progetto alternativo di riconversione di Termini, sulla base del quale stanare tutte le resistenze e incalzare le istituzioni a fare la loro parte per adeguare le dotazioni infrastrutturali e rendere l'intero contesto sociale ed economico compatibile con un polo industriale e manifatturiero di successo".

Innovare è sempre difficile e farlo al Sud lo è enormemente di più: "Solo unendo le forze locali con un grande gruppo come la Fiat si può vincere la sfida e sarebbe bello farlo – insiste Trigilia – sulla base di un progetto industriale con forti effetti distrettuali e capace di stimolare e trasferire competenze tecnologiche dal polo industriale all'indotto". Auto o no, Fiat o no, per ora la rinascita dell'impianto di Termini Imerese è ancora un sogno, ma le porte di Star Up Italia sono sempre aperte.

13 gennaio 2010

 

 

 

 

Marchionne: folle riabilitare Termini

di Andrea Malan

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13 gennaio 2010

L'ad di Fiat, Sergio Marchionne

Oggi lo sciopero unitario contro la chiusura

"Dai nostri archivi"

Oggi lo sciopero unitario contro la chiusura

Fiat Pomigliano: Natale di speranza dopo le polemiche

Fiat, Marchionne: "Piano da 8 miliardi per l'Italia. Su Termini disponibili a trovare soluzioni"

Wsj: Termini Imerese "indicatore importante" nella lotta tra governi e aziende

Fiat, Marchionne "solido capo" per Chrysler (Ft)

Sergio Marchionne ribadisce da Detroit: sulla chiusura di Termini Imerese non si torna indietro. "L'ho detto il 18 giugno, l'ho ripetuto a Palazzo Chigi prima di Natale, l'ho ripetuto ieri. Nel messaggio non è cambiato niente" dice in una delle poche pause nella raffica di interviste concesse ieri ai media americani. Marchionne respinge l'accusa dei sindacati alla Fiat di aver fatto marcia indietro sul piano di rilancio di Termini predisposto due anni fa: "Allora era stata fatta una serie di ipotesi basate su un mercato in crescita e su un impegno del Governo che avrebbe fatto parecchie cose, che poi abbiamo visto... Con un mercato in crescita ci sarebbe magari stata la possibilità di risolvere qualcosa, ma ormai, in questo mercato, parlare di riabilitare lo stabilimento di Termini Imerese è da pazzi". Alla situazione, secondo Marchionne, non si può porre rimedio neppure con interventi strutturali. "Mi hanno accusato di aver fatto una battuta crudele sul fatto di dover spostare la Sicilia vicino alla Lombardia - dice -, ma da un punto di vista logistico, non posso fare assolutamente niente. Attualmente noi spediamo dei pezzi in Sicilia, li montiamo e poi li ricacciamo fuori. L'unico a guadagnarci è il sistema di logistica attorno allo stabilimento. Badate: ciò non ha niente a che fare con la qualità dei lavoratori; la fabbrica è nel posto sbagliato".

Prima di uscire a fumarsi l'inevitabile sigaretta (in un Paese come gli Stati Uniti che ha bandito il fumo, gli uomini Fiat hanno dovuto fare i salti mortali per trovargli uno sfogo...), Marchionne si toglie ancora un sassolino dalla scarpa: "La cosa che mi dà veramente un grandissimo fastidio - sbotta - è che il discorso diventa totalmente regionale: si parla sempre di Sicilia. Ma l'impegno che ha preso la Fiat di spostare la Panda, la vettura a volumi più alti per noi dopo la Punto, dalla Polonia dove (la fabbrica di Tychy, ndr) funziona come un orologio svizzero, a Pomigliano, con tutti i problemi che storicamente sono stati associati a quello stabilimento, è un atto di fiducia nel Paese che non farebbe nessuno. E questo viene sottovalutato".

La dura polemica di questi giorni tra i sindacati e Marchionne contrasta con il clima dei primi anni del manager italo-canadese in Fiat ma anche con l'attuale stato delle relazioni industriali negli Usa. Lunedì il numero uno del sindacato americano Uaw, Ron Gettelfinger, ha accompagnato la delegazione di parlamentari democratici sugli stand del Salone, e si è espresso in termini estremamente favorevoli sul manager italo-canadese. La Uaw è il maggiore azionista della Chrysler attraverso il fondo pensione Veba. A migliorare il clima sindacale qui a Detroit c'è il fatto che le aziende potrebbero in tempi brevi ricominciare ad assumere: con le vendite di auto al rialzo da pochi mesi, e una ripresa più consistente prevista per il 2010, i costruttori americani e stranieri preparano misure per rinfoltire i ranghi; certo, sono centinaia di persone contro le 126mila che hanno perso il posto negli ultimi tre anni - ma è un segnale incoraggiante.

Lo stesso Marchionne ha detto che Chrysler "potrebbe ricominciare le assunzioni se la domanda risalirà nelle attese". Il numero uno di General Motors in America, Mark Reuss, ha dichiarato che l'azienda spera di assumere nuovi dipendenti a salario ridotto e potrebbe riaprire una fabbrica in Tennessee chiusa lo scorso anno; Ford ha detto che l'investimento di 450 milioni di dollari per la produzione di veicoli ibridi qui in Michigan dovrebbe creare circa 1.000 nuovi posti di lavoro. Chrysler dovrà restituire al Tesoro i prestiti ricevuti. Marchionne ha ribadito ieri la promessa di farlo entro il 2014.

Per quanto riguarda le prospettive economiche di Chrysler, Marchionne ha precisato che l'azienda potrà fare utili nel 2010 se raggiungerà un livello di vendite di 1,1 milioni di auto negli Stati Uniti e di 1,65 milioni su scala mondiale. Il Wall Street Journal ha dedicato ieri una lunga storia a come il numero uno del Lingotto abbia fatto piazza pulita in Chrysler dei vecchi modi di operare ma anche dei vecchi manager. Che differenza c'è con il suo operato in Fiat dal 2004? Marchionne risponde: "Le due differenze fondamentali sono che Fiat è un gruppo più complicato, e che allora non avevo il Tesoro americano a finanziarmi. C'eravamo io, Don Chisciotte e Sancio Panza contro i mulini a vento". Fiat però "disponeva nel 2004 di tecnologie che non ho trovato qui in Chrysler". Quelle stesse tecnologie che le hanno permesso di acquistare la quota del 20% nell'azienda americana.

13 gennaio 2010

 

 

Ipotesi per il futuro

13 gennaio 2010

 

LOGISTICA

Il primo progetto di riqualificazione dell'impianto di Termini Imerese secondo l'indagine Resint punta sul rafforzamento di robotica e informatica per la gestione del magazzino e la riduzione delle diseconomie derivanti dalla lontananza dei fornitori.

TEST SU PRODOTTI E PROCESSI

pIl secondo piano di ristrutturazione, secondo Resint, consiste nell'attivare strutture capaci di fare test di validazione su nuovi prodotti e nuovi processi produttivi. Anche in questo caso si tratta di minimizzare gli svantaggi della lontananza territoriale di Termini.

NUOVE MACCHINE INDUSTRIALI

pLa terza possibile riqualificazione di Termini passa per la costruzione di macchine industriali concepite per la specifica realtà siciliana, soprattutto per la raccolta di uva e agrumi. A volte, quelle attuali - concepite al nord - risultano poco adeguate.

TECNOLOGIE ITTICHE

Il quarto progetto di riqualificazione potenziale consiste in una riconversione totale di Termini: si tratterebbe di attivare tecnologie e macchine per trattare il pescato, dalla eliminazione della lisca alla salatura.

DESIGN DELLE BARCHE

Termini Imerese – è questa la quinta ipotesi – potrebbe aggregare competenze tecnologiche per la progettazione, il design, la prototipazione virtuale per la produzione nautica, settore nel quale in Sicilia sono in corso rilevanti investimenti.

LAVORAZIONE DEL MARMO

Anche nella sesta ipotesi di riqualificazione tracciata dalla Resint si tratta di una riconversione totale: Termini Imerese potrebbe realizzare macchinari per la lavorazione dei materiali non metallici (lapidei) usati nella Sicilia occidentale.

13 gennaio 2010

 

 

 

 

 

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